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BANCHETTO
Pranzo sontuoso offerto per celebrare con solennità
occasioni particolari. In età omerica era un momento di allegria
conviviale ma anche di conversazione e di discussione: i commensali (solo
uomini) sedevano davanti a una piccola tavola sulla quale erano posti
i cibi e le stoviglie. In epoca classica invece i greci banchettavano
distesi. Il convito, che constava di due momenti (il pranzo vero e proprio,
a base di carni e pesci, un finale con carne secca, formaggio e cibi salati)
era allietato da suonatrici di flauto e si concludeva con il simposio,
durante il quale abbondanti libagioni erano alternate alla recitazione
di poesie e talvolta a spettacoli acrobatici e a giochi d'azzardo. Presso
i romani le donne, secondo l'uso etrusco, partecipavano con gli uomini
alla cena alla quale era dedicata una sala (triclinium) nella quale
tre letti, occupati ciascuno da due convitati, erano raggruppati intorno
a ogni tavolo sul quale si appoggiavano le pietanze. Il banchetto era
costituito da un antipasto (gustus), dalla cena propriamente detta,
a base di carni, dalle secundae mensae in cui si servivano frutta
e focacce salate e si concludeva con la commissatio, analoga al
simposio dei greci. Il convito era sontuoso: oltre a offrire cibi rari
e delicati l'anfitrione sorprendeva i commensali con presentazioni spettacolari
delle vivande e con piatti a sorpresa, e li allietava con spettacoli di
danza e di musica. Tali costumi, che non furono mai abbandonati del tutto
e si rivestirono di rinnovate funzioni cerimoniali nella cultura bizantina,
ebbero molta presa sui principi barbari, fornendo la struttura di base
al banchetto medievale. L'importanza del convito, nello scorcio del primo
millennio, anche in relazione alla scarsità delle stoviglie e alla
grossolanità del servizio, era affidata alla quantità del
cibo e principalmente alle ripetute portate di carne molto speziata. Nel
basso Medioevo il miglioramento della situazione economica determinò
il ritorno ai grandi banchetti. I principi gareggiavano nell'allestire
mense sfarzose, allietate da spettacoli e organizzate secondo un gusto
per l'allegoria mitologica, storica e politica che raggiunse poi il culmine
nel Rinascimento. In questo periodo il banchetto era collocato al centro
di sontuose feste di corte alla cui perfetta realizzazione, affidata ad
architetti, pittori, poeti e musicisti di fama, il principe consegnava
messaggi filosofici, etici o politici. L'apparecchio della tavola richiedeva
giorni di lavoro e le vivande erano preparate in quantità tale
da dover essere smaltite sulle cosiddette seconde e terze tavole, allestite
per gli ospiti di minore importanza, e infine distribuite ai servitori
e agli spettatori plebei. Nel XVII secolo lo spettacolo scomparve progressivamente
dai banchetti: si mirava allora piuttosto al perfezionamento gastronomico
e all'eliminazione dei cibi indigesti e grossolani. Secondo questa tendenza
si ebbero nella seconda metà del Settecento, le prime importanti
codificazioni di una gastronomia autonoma e consapevole di sé in
quanto arte e scienza della preparazione delle vivande (Brillat-Savarin
e Carême). L'epoca dei banchetti principeschi finì con la
rivoluzione francese. Comparvero nel secolo successivo banchetti politici
e si diffusero forme borghesi di convivialità non ordinaria in
particolari occasioni pubbliche (come i banchetti diplomatici o quelli
associativi organizzati da confraternite di ogni genere, gastronomiche,
sportive, militari, scientifiche) o private (come le feste di nozze o
i cenoni di fine d'anno).
R. Nistri

A. Dosi e F. Schnell, A tavola con i romani antichi, Nuova Editrice,
Roma 1990; R. Strong, Arte e potere. Le feste del Rinascimento, Il
Saggiatore, Milano 1987; L. Incontri Lotteringhi della Stufa, Pranzi
e conviti, Ed. Olimpia, Firenze 1985.
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